Si tratta di una lezione di architettura in cui ripercorriamo la storia dagli anni ‘20 del movimento moderno ad oggi, usando la parola modello come centro di attenzione, per vedere cosa s’intende (modello concreto riproducibile infinite volte), come è cambiato il concetto di modello nel tempo e come gli architetti hanno preso delle decisioni sulla base dei modelli del loro periodo storico. Con l’illuminismo, per modello s’intendeva un esempio perfetto, statico ed accademico, da imitare, mentre a partire dagli anni’20 si parla di modelli tipo decisionali, cioè uno schema di base contenente un insieme di strutturazioni geometriche, distributive e costruttive, dunque un modello orientativo da adottare e non da imitare/copiare, in base ai casi specifici per operare scelte e a supporto della progettazione. I modelli decisionali sono:
1. MODELLO OGGETTIVO
Nella prima fase del funzionalismo (anni ‘20) nasce l'idea, non del tutto nuova, di utilizzare dei metodi/modelli per sviluppare e facilitare la progettazione rendendo oggettivi/assoluti alcuni bisogni e alcune soluzioni (la relazione tra oggettività dei bisogni e delle soluzioni è un ragionamento metodologico che crea strutture mentali che possiamo chiamare modelli). La parola chiave è OGGETTIVO. Negli anni 20 cominciano ad emergere grandi questioni come quella della casa operaia/casa per tutti con lo scopo di dare a tutti un livello di assistenza minimo accettabile e dunque bisognava avere degli standard (es. non meno di un certo numero di mq, avere l’acqua corrente). Quindi da una parte bisognava avere una serie di esigenze oggettive di vario tipo e dall’altra la creazione di modelli che presentassero soluzioni oggettive. La cultura tedesca è al primo piano in questa fase perché la culla del funzionalismo avviene proprio in Germania dagli anni ‘10 in poi. Infatti esiste il Werbund in cui si incrociano i pensieri dell’industria nell’architettura e nel design, il Bahuas che vuole avvicinare la produzione industriale al design, i primi CIAM hanno al centro questioni oggettivi come la casa per tutti. Ci sono una serie di personaggi che fanno propria questa fase dei modelli oggettivi:
- Alexander Klein elabora dei modelli decisionali che, per esempio, schematizzano le zone giorno e le zone notte o la minimizzazione dei percorsi o rendono più oggettiva possibile la radiazione solare ecc. (modelli decisionali oggettivi in cui si presuppone che la domanda sia altrettanto oggettiva rispetto alla risposta, quindi la domanda è rivolta ad una famiglia tipo).
- Neufert crea il famoso manuale del Neufert. Un esempio di ragionamento manualistico è quello che riguarda la cucina e tutta una serie di suoi parametri che possono essere oggettivizzati, cioè resi regole standard da seguire, c'è una logica di vicinanza delle cose nella disposizione di una cucina, una logica dimensionale di grandezza degli elementi e una logica di localizzazione degli elementi. L’oggettività del modello interfaccia l’assistenza minima, la quantità, la pressione a rispondere alle esigenze di una società dai fenomeni di inurbamento drammatici per passare ad una civiltà. Il diagramma a blocchi rappresenta uno sforzo di oggettivizzazione delle relazioni che trova origine nell'organizzazione dei flussi in una fabbrica, ma che si può usare anche come approccio funzionalista nell'architettura.
2. MODELLO PRESTAZIONALE
Negli anni ’60, successivamente alla guerra mondiale, si sviluppa una fase in cui la società è più diversificata e variegata rispetto agli anni ’20.
Le differenze cominciano a diventare aspetti fondanti della società. Gli anni ’60 sono anni di libertà, di personalizzazione ed individualità in cui i modelli oggettivi cominciano a stridere. Negli anni ’50 si affermano gli architetti del team10 che operano critiche forti alla generazione di Mies, Gropius e Wright. L'idea è quella di passare da un sistema oggettivo all'individualizzazione (dei luoghi, del tipo di architettura, del tipo di utenti) attraverso modelli decisionali prestazionali: Si tratta di un processo per arrivare a delle soluzioni in cui non è il fine che è reso esplicito, ma le caratteristiche da perseguire variabili da situazione a situazione, un modello che cera di ottenere prestazioni corrispondenti alle caratteristiche da ottenere (modello di un processo). La figura chiave è:
- Christopher Alexander architetto e matematico che cavalca, contemporaneamente a questo tipo di formalismo, l'inizio della fase informatica cibernetica (incrocio tra conoscenze informatiche e conoscenze umanistiche). Determina una serie di alberi decisionali che possono essere sviluppati anche con l'ausilio del computer per arrivare a delle soluzioni. Il problema della fase analitica è che le richieste di prestazioni o caratteristiche del prodotto finale cominciano a diventare molto numerose.
3. MODELLO STRUTTURALISTA
Negli anni ’60, parallelamente al modello prestazionale per aiutare gli architetti, si sviluppa un modello strutturalista intendendo un pensiero non legato alle strutture, ma che si base sulle idee dell’antropologo Levi Strauss che, studiando le strutture primitive, ha scoperto che le famiglie non sono tutte uguali bi-parentali con figli, ma possono essere diversificate. Si tratta di strutture che creano pattern della società all’interno delle quali esiste un certo numero di variazioni di famiglia. L’architettura tende a ragionare alla stessa maniera creando strutture di vario grado all’interno delle quali vi sono una serie di variazioni, un rapporto biunivoco tra strutture e variazioni. Nella fase del funzionalismo si tende ad avere un modello di supporto decisionale oggettivo, dalla scala di progettazione alla scala urbanistica, e scelte di progetto oggettive, cioè categorie certe legate a dei parametri oggettivi: misure dell'uomo, degli spazi abitati e degli spazi d'uso. Queste regole oggettive si tramutano in una serie specifica di prestazioni minime di parametro oggettivo, cioè uno standard minimo per ottenere la qualità standard allargata. La figura chiave è:
- John Habraken propose per la prima volta una gerarchia delle scelte di cui alcune formavano le strutture fisse, dall’altra la variazione delle forme e dei comportamenti entro quelle strutture fisse (supporti). Questo ragionamento poteva svilupparsi anche in campo urbanistico. Le variazioni diventano l’elemento fondamentale (base del modello) all’interno di regole di primo livello (strutturalista) rigide ben definite che contengono variazioni.
4. MODELLO DIAGRAMMATICO
Oggi il modello decisionale è diagrammatico e non è la prefigurazione di un’idea finale, ma la prefigurazione di un processo, un codice DNA generatore di uno sviluppo i cui esiti dipenderanno da una serie di accidenti che funzioneranno come variabili per modificare quel diagramma. Secondo Gehry c'è una prefigurazione di forma finale che si può sviluppare tramite software avanzati tipo Catia, mentre per Eisemann non bisogna prefigurare una forma, ma prefigurare delle relazioni tramite una serie di eventi che a mano a mano intervengono per rendere la prefigurazione di relazioni fatti concreti. Il diagramma pone delle relazioni che poi si concretizzeranno nello sviluppo del progetto. Questo tipo di modello è diagrammatico perché appunto deriva da diagramma. La figura chiave è:
- Van Berkel (UNstudio) mette alla base del progetto un diagramma. Le 5 parole chiave legate a questo architetto sono diagramma, struttura, modello, pelle e ibridazione. Per modello diagrammatico si intende avere come primo livello strutture chiave che determinano variazioni e come secondo la possibilità di controllare tutti gli aspetti del progetto (strutturali, tamponature, costi etc.) attraverso il BIM. Tra alcune opere possiamo ricordare: L’anello di Moebius basato su un diagramma a doppia O (il diagramma non è la forma, ma un processo trasformato progressivamente fino alla realizzazione) in cui vivono 2 famiglie. Il Museo Merces Benz In cui ci sono tre lobi indipendenti incrociati a formare il nocciolo centrale e questo è il diagramma alla base dell’edificio che ogni volta viene concretizzato in maniera diversa, una variazione del progetto ai vari livelli.
Si passa così da una logica INDUTTIVA “IF…THEN…” (funzionalista e oggettiva secondo cui da una condizione seguono precise conseguenze, una sommatoria di fatti ed esigenze singole, un processo dal basso verso l’alto) ad una logica DEDUTTIVA “WHAT…IF…” (basato su ipetesi, verifica e tesi, cioè su intuizioni spaziali poi poste a verifica, un processo dall’alto verso il basso). La grande differenza tra modello diagrammatico e le idee precedenti è che:
- il modello diagrammatico è dinamico nel processo e nei suoi esiti.
- il modello oggettivo è statico.
- il modello prestazionale numera delle caratteristiche per poi arrivare all’esito con possibilità di variazioni non comparabile però al modello diagrammatico.
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